lunedì 19 marzo 2012

the dark side of the mom

Esterno tardo antimeridiano prefestivo quasi famelico, un eterogeneo trio in attesa che scatti il verde.
Sperando intanto che non saltino i nervi di msH.
Rocco - setter ottuagenario (15enne martedì che viene) in affido causa vacanza culturale dei nonni,  guinzagliato al polso sinistro tenta  d’inseguire i profumi di una primavera a forma di chiappa di jackrussel, trascinandosi appresso nel satiro balzo msH, la spesa e zeM.
zeM – ammanettato a destra, seccato dalle prostatiche necessità del transitorio coinquilino che gli precludono gli abituali privilegi ha manifestato tutta la mattina con pervicaci gnaulìi la frustrazione della sua natura di piccolo consumista.
msH - si dimentica l’aplomb albionico quando le girano: “boy i've had enough - you hear me? Bastaaaa. Mi hai stufato: arriviamo a casa e tu fili in camera tua. Voglio dimenticarmi di te per almeno mezz’ora. Capito?”
Sei occhi scandalizzati si voltano nello stesso istante.  Duececentocinquantatre anni in totale.
Tre gradazioni di turchinetto e commiserazione per il povero angioletto rimproverato.
Una però sfoggia pure una prontezza adolescenziale nell’estrarre con sorriso saccente e sventolare davanti al naso della perfida genitrice un volantino della torre di guardia.
Un sibilo ricomposto di diniego ringranziante.
Scatta il verde.
msH guadagna l’altra sponda con il suo carico di vittime più o meno pelose e malumore.
Ci sono giorni nel calendario perpetuo delle mamme che vorresti salire in cima ad un monte e urlare finché non ti spariscono le rughe e la pelle a buccia d’arancia.
Sono i giorni in cui fai i conti con la parte di te che non ti hanno insegnato ad accettare quando giocavi con le bambole, perché non è buona, non è bella, non è educata, non è rassicurante. Non è la mamma che si vede in tv.  È la parte più oscura della maternità, spaventa, disturba. Ed è quella che si preferisce fingere che non esiste. Eppure c’è.
Negarla ingrassa un insano senso di colpa e inadeguatezza, cementando un solido muro di rifiuto nei confronti dei piccoli artificieri. 
A volte si limita semplicemente a chiederti  chi te l’ha fatto fare?
Ma quando morde più cattiva quella parte sogna di spaccare tutto e scappare, scappare per non odiare quel bimbo così fragile, eppure così tiranno. Ignaro innesco di una dolorosa claustrofobia.
Fa parte di quel processo di crescita, quando passiamo da un adulto indipendente a uno schiavo dal futuro incerto e la scarsa igiene.  Serve a capire meglio i nostri genitori, e a capire meglio noi stessi.
Ho ascoltato altre mamme sole, con lo spavento negli occhi, confessare sentimenti  da giocoliere infanticida tra gli scaffali del reparto bimbi dei grandi magazzini nella pausa pranzo.
E alla fine ringraziare per non essersi sentite un mostro senza cuore, ma solo un essere umano col sorriso meno solo di una mamma che lotta sola.

2 commenti:

  1. Quanto mai vero! quando si perde la pazienza di fronte ai "tiranni in erba" ci troviamo a fare i conti con la parte di noi di cui non ci hanno mai parlato: nervose, rabbiose e stanche.

    Il fatto è che non pensavamo neppure lontanamente di non avere più la libertà di leggere un libro, di saltare la cena mangiando un'insalata veloce, di sentirsi chiamare in continuazione (una volta ho detto a marito e figli "ma continuate a chiamarmi per ricordarmi chi sono? guardate che non sono ancora malata di senilità....). Quando la tua libertà personale è seriamente compromessa - sine die - allora ben venga tirar fuori il mostro. Tanto è lì, tanto vale.......
    La sensazione che avverto io è proprio, come dici tu, claustrofobica. Parli solo chi sa.

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  2. conoscere il proprio nemico interno è il modo più coraggioso per imparare a conviverci. mi domando perchè non se parli più spesso. basterebbe poterne parlarne sinceramente per accendere quella luce sul comodino che ritrasforma l'ombra del drago nel calzino stropicciato e un pò puzzolente che in effetti è.

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