mercoledì 7 dicembre 2011

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birbante barbecue pasquettale
L’alba di una lunga giornata stamattina mi pulsò nel cervello alle sette, trascinandomi verso una bustina di aulin, inseguita dal ricordo di forse troppo brunello il giorno prima  e la promessa allo specchio severo di non peccare più.
Manco a dirlo cinque ore dopo ero una delle prime a brindare con tutta la combriccola delle mie femmine e i loro rispettivi fidanzati, nel giardino di campagna della Miriam, controllando con un occhio gli interessi nasali del mio canetto e con l’altro una succulenta sorpresina per me accanto al barbecue.
Un bocconcino di riccioli scuri e etnies sbrindellate indaffarate a rivoltar braciole.
Quel timido Bellantonio non era niente male.
E pur dovendomi accontentare di affondare i denti in ben più inerte carni è stata una gradevole presenza tra una chiacchiera ben innaffiata e uno spiedino croccante.
Grazie Miriam, questa sì che si chiama ospitalità!
Peccato che lo stomaco abbia avuto la meglio sul cuore e che io mi sia strafogata come al solito, svenendo satolla e felice a russare sul prato anziché dedicarmi a riempire altri giacigli…
Poco male, se è salciccia, sfrigolerà!
Nelle pause tra un pisolino e l’altro ho goduto immensamente della compagnia vociferante di tutte le mie donne, e della possibilità di conoscere meglio i loro cavalieri.
Brave ragazze: mi sembrano tutti persone perbene, dal più timido al più gossipparo, dal più ironico al più politicamente impegnato, dal più pazzo al più romantico.
 Anche se – lasciatevelo dire da una che non ha mai calciato una palla in vita sua – a calcetto fate cagare tutti quanti.
Conclusa la bella giornata di sole e caldo brezzoluto, incastrate tra le centinaia di altre auto in coda vi immagino tutte di rientro nelle vostre case, coi vostri bei sorrisi più abbronzati e le vostre testoline allegre, ognuna diversamente intrigante, ognuna un po’ puzzolente anche voi come piccole caprette pasquali.
E grazie anche a te, Franca, per l’elegante braccialetto con cui hai ammanettato i bei ricordi e i propositi di dieta da domani al mio polso!

baggianate
c'è chi crede ancora a pinocchio e la fata turchina
al principe azzurro e tutti vissero felici contenti e monogami
c'è chi crede che non c'è niente di male a giocare con le favole
che tanto sono solo favole e te le puoi raccontare come ti pare
io invece credevo che gli idraulici fossero puntuali.
quanto brucia la verità, quando non è quello che pensi,
come il mio piede, sull'acceleratore stamattina.

amore mio
C’è un amore che non mi ha ancora deluso nella mia vita, nonostante io abbia qualche volta tradito lui.
Un amore che non guarda il colore dei miei occhi, e le lentiggini. Si spinge molto più giù.
È un amore che mi saluta ogni mattina e mi ricorda perché sono come sono.
Un amore che ha imparato a conoscermi, grazie a castighi o rimproveri materni o sussurri d’affetto di un papà, del bacio quotidiano di un fratello, del rimorso che mi pizzica per chi ho ferito e del profumo di biscotti o la puzza di bruciato degli amici più dolci e pazienti.
Mi è cresciuto accanto, sbagliando e pagando di persona, rischiando di strozzarsi nel cuscino e non prender sonno, e imparando perché, per potermi svegliare pronta a ricominciare a far casini.
O sbadigliando imbronciato le volte che l’ho lasciato a casa, facendo ancora più guai.
Apre il mio frigo grattandosi un po’ e si nutre delle azioni che compio ogni giorno, anche quelle che nessuno vede, tipo mettermi le dita nel naso, appallottolare e lanciare, o bere la coca tutta di un fiato e ruttare, o dimenticarmi di mangiare solo perché ho altro a cui pensare.
Solo perché sto pensando a quello che mi dice, sto ascoltando quello che è dentro di me.
L’Amore Per Me Stessa non chiede altro che di essere sinceri.
È il suo grande difetto, l’egoismo della mia verità. Una verità che non è assoluta, ma è la mia morale.
Non ci sono trucchi in un amore vero, non c’è tornaconto se non nel sentimento stesso.
Non si vince altro, ma io preferisco giocare così.
Con un amore del genere è difficile far finta di niente, perché quello che chiede è semplicemente di cercare di stare bene con se stessi, senza barare e senza usare gli altri.
Me lo chiede lasciandomi libera di cadere, quando trotto sui miei sandaletti rossi con un tacco da spavento, sputando su un fazzoletto per pulirmi una sbucciatura, e regalandomelo dopo che mi ci son soffiata il naso, soffiando poi lui sul bruciore della  mia vergogna sorpresa, aiutandomi a rialzarmi e continuare a sculettare, che l’inciampo di un inganno serve solo a imparare a stare più attenti, a cercare di non lasciarlo accadere di nuovo, ma che non è niente, tra poco passerà, forse è meglio se intanto ti compri due azioni della Kleenex.
Mi riattacca la musica, mi guarda dritto negli occhi e mi afferra una mano e si riprende a ballare insieme il nostro tango assassino e inventato, col cuore con le vesciche e i piedi gonfi, ma ancora voglia di provare passi nuovi.
Ci passeranno a fianco altri amori, amori fragili e composti, sulle loro lunghe gambe che non posso e non voglio fermare.
Perché non mi interessa cercare di privarli della loro, di libertà di danzare a modo loro, di essere se stessi, per accontentarmi di sentirmi desiderata una sera, adulata una settimana o divertita per un mese, e mentire a me stessa e al mio amore per farlo, per farli contenti, gli altri, soccombendo al fango di innocenti e comode bugie.
Ci ho provato certo, un tempo, a estorcere attenzioni e conferme da chi avevo accanto e ho capito come si fatica a giocare quel gioco senza regole, quello che spegne la luce negli occhi di chi ti ama, nei tuoi occhi che conoscono il vero te.
Quelle volte ho dimenticato distratta di invitare il mio amor proprio, impegnata in una ricerca lontana, troppo pigra per cercarmi dentro, troppo presa dagli sguardi facili e carnivori intorno a me, dal trionfo ostinato di una prossima superficiale vittoria, da discorsi stonati che incantavano la mia vanità. Che bella, che brava, che curve, che occhi, che british, che qui e che lì e vabbè e poi? Cosa volevano da me veramente, veramente gli interessava cosa penso? E io, cosa cercavo nelle loro lusinghe di bocca e bel culo? Bla bla bla parole vuote come un bicchiere alle 4 del mattino. Col segno rinsecchito di labbra di birra sul bordo, come un  cuore annoiato, che ha smesso da un pezzo di riscaldarsi col sesso, e si droga di cioccolato, manco fosse su un ghiacciaio, anzi  sul monte bianco che m’è spuntato sul mento.
Si sente sempre freddo, senza l’amore per sé stessi.
Si cerca il calore nel respiro appannato degli altri, ma l’amore si regala, si offre. Si conquista forse e si conserva, se si è fortunati, ma non si chiede, e non si accetta di prenderlo in prestito.
Un amore prestato esige in cambio qualcosa da te. Esige la tua gratitudine ed esige te: è morboso, è cannibale, è soffocante. Perché dovrei esserti grato se sei il tiepido compromesso che prolunga solo un’affettuosa infelicità?
E ogni sorriso barattato ha il suo prezzo,  un prezzo che io non voglio più sapere, come quello orribile delle fragole a gennaio.
Sorrido spesso ora, un sorriso da pera di stagione che non deve avere un perché.
Sorrido quando mi ripenso credulona di aver molto sbagliato, e quando ancora ogni tanto mi punge l’imbarazzo per la mia buonafede, e allora mi prendo un po’  per il culo, che rincoglionita piena di me che sono, guarda qui che disastro..
Sorrido con curiosità a chi penso avrebbe mille motivi più belli dei miei per amarsi di più, e magari neanche lo sa, manco lo vuol sapere, che sta bene così, che non è così, ma chi è sta pazza, si faccia gli affari suoi, io non lo mangio il cioccolato.
Sorrido un po’ scoraggiata forse a chi non ha voluto cercare di capirci, ogni tanto, capire me e me stessa (e il nostro nuovo bubbone da cacao), che cazzo avrò da sorridere da sola, intendo, me che non mi diverto a giocare davvero a sedurre per finta.
Ma forse è solo autoerotismo il mio, crerebro-gastronomico-verbale, dei peggiori mi dicono.
Non so manco se esiste la cura, e se mi interessa.
E comunque anche in quell’altro caso, quello che i maschi vengon ciechi, dopo, sorrido lo stesso, tutta soddisfatta di me.
Ma questa è tutta un’altra storia, che preferisco tacere.
Per amor mio.
E un po’ anche per rispetto vostro, che c’avrete altro a cui pensare.

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