mercoledì 7 dicembre 2011

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12 inch
A distanza di tempo, m’è tornata una certa voglia.
Ci ho girato un po’ intorno e poi ho acconsentito.
Salutando educatamente, con un’aria diligente, in contrasto con quel nuovo negozio di periferia.
Lugubre, in penombra, scaffali scarni, vetrine sottochiave.
A mostrare surrogati di carne.
A voler soddisfare la carne di chi avrebbe ben altra fame, ho idea.
Cercavo una boccata d’aria di intimo gioco in scatola o in flacone, magari in bomboletta spray.
Forse non so neanche io che cercavo, e quindi non l’ho trovato.
Così ho scherzato solo con la mia curiosità divertita, sganasciandomi per certe esagerazioni spropositate: ora capisco quest’ansia delle misure dei signori uomini…
Alla fine mi spiaceva non ricompensare la solerte commessa, che col sorriso sapiente e forestiero mi aveva illustrato il contenuto delle sue teche, spiegandone per ciascuna l’idoneità, discretamente noncurante del mio sfacciato interrogatorio ridanciano.
E ho optato per un mio classico, elegante e sobrio.
Un altro frustino.
Nero, ma più corto, con la maniglia più tozza e un cinturino da polso utile e furbacchione.
Precisamente allo stesso prezzo di quello che acquistai cinque o sei anni fa.
E così ho scoperto che i gestori di sexy shop oltre che più disponibili, son pure più onesti nei “prezzi fissi” dei verdurai...







viva, viva, viva Gibilterra!
Venerdì sera noi, la Wanda, la Jolanda e Miss Jekill,  si era fuori dal  solito ritrovo, a goder di questo inverno mite che ci aveva risparmiato non pochi raffreddati malanni, e provvedendo a compensare avvelenandoci volontariamente i polmoni e il fegato.
Essendosi esentata per molti mesi da questo genere di forzata convivialità del vizio, Miss J si gustava  impunemente nicotina, compagnie e discorsi di come fare la pasta per la pizza quando incrociò un sguardo maschile dirigersi sorridendo verso di noi.
Forestiero, dall’accento.
Spagnolo, per la simpatia.
Ci ha chiesto se porfaror poteva fumar una sigarreta con este tres splendidas senoritas.
Come dirgli di no, oramai ridevamo tutte tre.
Gli stranieri a Genova misteriosamente godono di una bonaria e istintiva accondiscendenza da parte degli indigeni, notoriamente scontrosi e diffidenti come porcospini autistici.
Gli stessi infatti che regolarmente a te t’azzoppano versandoti il drink addosso senza manco degnarti di uno sguardo, magari poco dopo li vedi arrampicati in conversazioni gesticolanti, con tanto di fotografie per i parenti, abbracciati commossi a uno sconosciuto sbronzo e balbettante in kilt o in scarpacce che noialtri non metteremmo neppure sotto tortura.
Se poi addirittura son femmine, son persino capaci di offrir da bere e di scortarle alla pensione in ginocchio sui pinoli, senza alcuna altra pretesa che un sorriso e un grazie storpiato, invece del solito perizoma odoroso sotto il cuscino il mattino dopo.
Sarà l’aria di mare e mercanti che respiriamo da millenni che ci fa sto effetto?
O il fatto che siamo coscienti di essere dei mostri di introversione e tre volte all’anno ci ricordiamo di vergognarcene?
In quel caso, venerdì era il nostro turno.
Il nostro protetto è stato accolto dunque con gioviale entusiasmo,  e crudelmente sottoposto ad interrogatorio incrociato.
Jo lo sè che soi… ha esordito (perdonate la mia ignoranza ortografica, non avendo mai avuto problemi di comunicazione con il popolo iberico, non mi sono mai presa la briga di studiarlo, preferendo assai più divertenti pratiche orali).
Emborracho? Zufolò miss J
Pelato? Cinguettò la Wanda.
Sposato! Osservò la Jolanda.
Poi ci meravigliamo della scomparsa dei gentiluomini…
Beh il giovanotto non si è affatto perso d’animo, d’altro canto dalle sue parti se la vedono coi tori, quindi forse tre iene con le tette son robe da solletico, e quindi dopo una serie di sì sì e di no no siam riusciti a concludere la frase.
Sin verguensa! Jo lo sé che soi sin verguensa!
Io so che sono sfacciato.
Appurato ciò, ci siamo tutte sentite assai più serene, chissà che avevamo pensato.
E pure il buon Xavier che proviene da una città pequena cerca de Gibilterra è stato molto galante e ruffianotto con noi tre signore.
Molto divertente, anche, ma con un bel modo di fare, corretto, carino, che alla fine sul crapone lucente di questo simil-Shrek color carne abbiamo stampato a turno un bel bacio della buona notte, reclamato rumorosamente e bissato davvero un po’ da malandrino stavolta.
Buenas noche anche a te caro.
Sarà mica che la verguensa che manca agli spagnoli l’han spedita tutta a quei musoni dei genovesi in cambio di Colombo?


Rosso, di sera
È iniziato tutto che mi è caduto l’occhio sulla punta dei piedi, nudi sul rovere di casa.
Qualcosa, una foglia rubata al giardino, bottino del mio peloso quadrupede predatore, mi solleticava il tallone.
Qualcos’altro, la scandalizzata evidenza della mia pigra trascuratezza solitaria, mi ha invece punto sul vivo l’orgoglio come un calabrone.
E mi ha risvegliato dal torpore.
Ci voleva.
Ci voleva qualcosa di forte, sfacciato e perentorio.
Rosso. Rossofuoco.
Penetrante, l’odore dello smalto si è insinuato tra il profumo di ambra della pelle umida dalla doccia e ha preso prepotentemente il comando.
E dopo aver dipinto i miei piedi, tornati eleganti e birichini, mi ha preso la mano.
Anzi tutte e due.
Per dieci dita laccate come svolazzanti coccinelle tra il brusio dei miei discorsi sciocchi, dieci piccole Ferrari a lisciarmi distratta le curve della gonna, dieci papaveri a impigliarsi tra il mio morbido castano.
Rosso: privilegio colorato di giovane signora avvolta di nero.
Volutamente esagerato dallo spavaldo rossetto, per un sorriso goloso di baci di ciliegia, non ancora pronta a lasciarsi mangiare.
Bentornata questa sera la mia voglia di esser femmina, bentornata questa primavera.
E pure il giorno dopo, in calzoni mimetici e maglietta, ma con mani curate e assai in tinta alle fiammette malandine delle mie All Star.

Francamente.
Si è avvicinato, alle mie spalle.
Ho sentito un respiro sulla pelle nuda del mio collo sussurrare: “sei bellissima…”
Mi sono scostata, sorpresa.
Curiosa di dare un volto a  quel pensiero galante.
“Come ti chiami?....Vieni spesso qui?”
“Alexandra… sì, abbastanza…”
“Franco… Ciao, a presto..”
Grazie.
Grazie di avermi fatto sentire una piccola dea femmina col mio bicchierone in mano e un baffo di birra.
Grazie, perché non hai colore di capelli, né di occhi, non sei né alto, né basso, né povero, né ricco.
Sei un gentiluomo.
E anche se non ti rivedessi mai più, grazie.
Davvero.

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